VARESE, 27 novembre 2019– Alessandro Michetti, docente di Geologia dei terremoti all’Università dell’Insubria, specializzato sulla valutazione della pericolosità sismica nella Regione Mediterranea, spiega le dinamiche del terremoto di magnitudo Mw 6.2 che la notte del 26 novembre ha colpito la costa dell’Albania nei pressi di Durazzo, causando oltre 25 vittime, centinaia di feriti e numerosi crolli di edifici in varie città:
«I forti terremoti, come quello in Albania, causano delle modifiche dell’ambiente naturale e antropico, lasciando delle “impronte” nel territorio. Non possiamo impedire che i terremoti avvengano e siamo ben lontani dal prevedere in modo accurato dove e quando avverranno, ma possiamo studiare le tracce lasciate dai sismi del passato per ricostruire la storia evolutiva di un’area, identificandone le criticità, definendo il
potenziale sismogenetico (il massimo terremoto atteso nell’area), fornendo quindi informazioni utili a ridurre il rischio complessivo derivante dagli eventi geologici».
Riguardo al recente sisma, Michetti aggiunge: «Il terremoto è stato ampiamente sentito sulle coste adriatiche, in particolare in Puglia: oltre 9000 questionari macrosismici sono stati compilati online e raccolti dall’Ingv (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia). Le intensità registrate in prossimità dell’epicentro raggiungono il grado IX (dati elaborati dal servizio geologico americano – USGS sulla base di questionari macrosismici online.
Il sisma si è generato lungo una faglia inversa: la tipologia di faglia determinata da forze orizzontali di compressione, cioè forze che avvicinano due blocchi; nello specifico Italia e Albania, legata alla convergenza tra placche che ha portato alla creazione della catena montuosa delle Albanidi.
Oltre a scossa del 26 novembre, di magnitudo Mw 6.2, sono già stati registrati altri eventi successivi, di magnitudo maggiore a 5: situazione prevedibile in concomitanza con un evento sismico così rilevante, che si è verificata anche a Modena nel sisma del 2012. Inoltre, nonostante la probabilità sia molto bassa, non è da escludere la possibilità che si verifichino altri eventi di magnitudo uguale o superiore rispetto a quello principale.
I sismi di elevata energia, con epicentro nei pressi delle coste albanesi, sono tipicamente sentiti in territorio italiano a causa del passaggio delle onde sismiche che si propagano dall’ipocentro attraverso la litosfera della placca Adria. Questo spiega perché sono stati avvertiti a Venezia e, ovviamente in Puglia, Abruzzo, Calabria.
Oltre ai crolli di edifici, sono stati segnalati alcuni fenomeni di liquefazione generati dal sisma (foto allegata). Il passaggio delle onde sismiche, infatti, fa aumentare la pressione interstiziale nel terreno, fino alla fuoriuscita di acqua e sabbia. Nella zona epicentrale, la presenza di ampi bacini sedimentari caratterizzati da terreni sabbiosi e saturi di acqua, comporta un’elevata suscettibilità a liquefazione.
Si tratta di fenomeni del tutto comparabili a quelli che hanno interessato la Pianura Padana in seguito ai sismi del 2012 al confine fra Lombardia ed Emilia: in quell’occasione, il gruppo di ricerca in Geologia Ambientale dell’Università dell’Insubria ha condotto rilevamenti sul terreno per mappare la distribuzione degli effetti ambientali, documentando come le liquefazioni fossero concentrate in prossimità di paleoalvei, cioè di alvei fluviali attivi nel passato (analisi paleosismica)».
Conclude Michetti: «La sequenza sismica in corso in Albania consentirà di raccogliere nuove preziose informazioni sugli effetti ambientali dei forti terremoti, da analizzare con la scala di intensità ESI 2007».