VARESE, 4 gennaio 2020- Negli ultimi giorni, l’avvio per tutti gli esercenti dell’obbligo di scontrino elettronico ha comportato uno scambio intenso di pareri, anche di polemiche, rispetto all’imposizione e agli aggravi burocratico-operativi. Complici, questi aggravi, anche di aver indotto a chiudere numerose attività commerciali nei piccoli Comuni montani. Dove la desertificazione è molto più di un rischio. 200 Comuni in Italia sono già senza negozi e senza bar. Altri si aggiungono oggi. Uncem lo denuncia da tempo, moltissimo tempo.
Aveva anche chiesto una proroga sull’obbligo di scontrino elettronico. Di fatto una prima proroga vi è stata, da luglio 2019 a gennaio 2020 per gli esercenti con meno di 400mila euro l’anno di volume di attività. Si è ancora in tempo ad attivarne una ulteriore. Per ora non ci sono sanzioni per i commercianti e anche questo lo aveva chiesto Uncem insieme ai contributi per l’acquisto dei nuovi apparecchi (fino a 250 euro, sotto forma di credito d’imposta). Per chi poi non genera ricavi sopra i 400 mila euro c’è un credito d’imposta pari al 30% delle commissioni bancarie pagate. Sul rinvio delll’obbligo è ancora possibile intervenire nel Milleproroghe. Ma se questa è una prima cosa da fare, tre sono le cose che Uncem propone alle Istituzioni regionali e nazionali per affrontare il rischio desertificazione commerciale. Il punto sarà tra quelli al centro degli Stati generali della Montagna convocati a Roma dal Ministro Boccia il 31 gennaio 2020.
Tre cose da fare: la prima, in fretta, entro gennaio, un esame da parte dell’Agenzia delle Entrate, rispetto a quanti, nei Comuni montani, si sono adeguati all’obbligo di scontrino elettronico e quanti non ancora. Quanti hanno chiuso e per quali motivi. Se Agenzia vuole, Uncem e Fondazione Montagne Italia possono fare un’analisi qualitativa e quantitativa. Numeri e dati nel merito. Fondamentali per il Paese che ha nelle aree interne il suo cuore. “E allora, secondo punto – evidenzia Marco Bussone, Presidente nazionale Uncem – deve essere riparito in tempi rapidissimi il fondo di 30 milioni di euro previsto in legge di bilancio a sostegno delle attività economiche, artigianali e commerciali delle aree interne del Paese“.
Terzo fronte, quello fiscale. Anche su questo Uncem insiste da dieci anni. I primi risultati sono arrivati. Alle Zone economiche speciali, il Decreto Clima ha aggiunto le Zone economiche ambientali in corrispondenza dei Parchi nazionali. Un passo importante. Ora devono essere le Regioni a intervenire. Il modello è, ad esempio, quello dell’Emilia-Romagna: un aiuto concreto alle aziende, agli esercenti e ai titolari di attività di lavoro autonomo che operano in Appennino, nei Comuni montani, per sostenerle e renderle più competitive in territori dove è più difficile fare impresa. Dal 2019 vi è un contributo commisurato all’ammontare dell’imposta Irap. 12 milioni di euro l’anno, per tre anni, con un contributo alle imprese che si configura come credito dimposta, da utilizzarsi per il pagamento delle imposte negli anni 2020-2021-2022. “Viene concesso – spiega Giovanni Battista Pasini, Presidente Uncem Emilia-Romagna, che ha seguito tutti i passaggi legislativi in materia – in proporzione all’importo Irap dichiarato, per un importo fino a 5mila euro l’anno con un beneficio che potrà arrivare fino ad un massimo di 3mila euro lanno. Ogni impresa vedrà infatti coperto il 100% dell’imposta Irap 2017 fino a 1.000 euro, a cui si aggiungerà il 50% dell’imposta Irap 2017 per lo scaglione da 1.000 a 5.000 euro”. Un buon segnale. “Uncem auspica tutte le Regioni possano agire su questo fronte – evidenzia Bussone – e che con un Programma operativo nazionale Montagna per il settennato di fondi europei 2021-2027 si possano individuare altri specifici contributi comunitari ai negozi, ai bar e alle imprese dei Comuni montani, senza che vengano configurati come aiuto di stato. Ci lavoriamo. Gli Stati generali della Montagna sono la sede corretta per farlo”.