Caso Uva e assoluzione poliziotti. Valter Mazzetti: “Sui colleghi onta terribile per 11 anni, i cittadini non devono temere la divisa”

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VARESE, 14 febbraio 2020-<<L’avevamo detto a luglio dopo la sentenza della Cassazione che ha definitivamente assolto i poliziotti coinvolti nel “caso Uva” e lo ripetiamo oggi che si conoscono in dettaglio le motivazioni della Suprema corte: la divisa non vorrà mai dire violenza, e i cittadini devono fidarsi delle Forze di Polizia, perché su questo poggia l’intero apparato sicurezza>>.

Così Valter Mazzetti, Segretario Generale dell’Fsp Polizia di Stato, a proposito delle motivazioni con cui la Corte di Cassazione l’8 luglio scorso, ha confermato l’assoluzione di poliziotti e carabinieri per la morte, nel giugno 2008 a Varese, dell’operaio di 43 anni Giuseppe Uva. I giudici hanno scritto fra l’altro che “è un dato pacifico e innegabile che nessuno abbia assistito a condotte violente da uno qualsiasi degli imputati in danno di Uva”, sul cui corpo “non fu dato neppure riscontrare segni di afferramento, strumentali ad una immobilizzazione coattiva realizzata con l’uso di una forza particolare”.

<<L’indubitabile innocenza dei colleghi – aggiunge Mazzetti – è stata sentenziata dai giudici in tutte le sedi possibili, e questo è motivo di soddisfazione, e deve esserlo soprattutto per ogni cittadino che sa di poter contare sempre sulla professionalità e la correttezza di chi veste la divisa. Ma, allo stesso tempo, una vicenda come questa è motivo di sofferenza e frustrazione, perché tenere dei poliziotti per undici anni sotto il giogo di un procedimento giudiziario, affrontato con i nostri stipendi, in un clima di caccia alle streghe che ci vede sempre additati come presunti torturatori, e senza tutele o sostegno adeguato da parte dello Stato è terribile e produce danni personali, familiari, e professionali che non potranno mai essere compensati. Adesso, almeno, vengano risarcite ai colleghi tutte le spese sostenute, e non il solito inutile terzo delle ingenti cifre anticipate, perché è una vergogna abbandonare in Servitore dello Stato a sé stesso>>.