BUSTO ARSIZIO, 4 maggio 2020-Tre ville e 2 cascinali, 9 appartamenti, 2 terreni e 5 box, ma anche 1 dipinto e 2 orologi di pregio: sono questi i beni che la Guardia di Finanza di Busto Arsizio su disposizione dell’Autorità Giudiziaria ha sequestrato – nonostante il periodo di pandemia – a 4 cittadini serbi residenti o domiciliati in Italia abitualmente dediti alla commissione di reati contro il patrimonio (furti, truffe, ecc.), in alcuni casi collegati ad operazioni fraudolente di cambio valuta, realizzate in più Stati attraverso la consegna agli ignari clienti/vittime di banconote contraffatte (recanti la dicitura fac-simile).
A vedersi spogliati di tutti i propri beni, acquistati e accumulati con i proventi di anni di attività delittuose, sono stati un 48enne domiciliato a Busto Arsizio, una 45enne domiciliata a Castellanza, un 37enne di Melzo e un 33enne residente a Pieve Fissiraga (LO), imparentati tra loro e da tempo stabilitisi in Italia.
Per alcuni di essi, nel mese di settembre 2017 erano già scattate le ordinanze di custodia cautelare emesse dal GIP del Tribunale di Busto Arsizio nell’ambito dell’operazione “LA STANGATA” condotta sempre dalle Fiamme Gialle bustocche nei confronti di una nutrita associazione a delinquere, composta da soggetti di etnia serba, sistematicamente dedita alla commissione di furti seriali, secondo la modalità definita “rip-deal”, perpetrati attraverso fraudolenti cambi di valuta realizzati utilizzando il sistema di intermediazione creditizia denominato “hawala” (in arabo “trasferimento”). Già all’epoca i finanzieri, contestualmente agli arresti, sequestrarono beni e denaro per 725.000 euro, costituenti il profitto dei reati contestati.
A conclusione delle indagini penali, grazie alla meticolosa ricostruzione della biografia criminale di ciascun indagato, ha preso corpo l’operazione “LA STANGATA CONTINUA”, nell’ambito della quale i finanzieri della Compagnia Busto Arsizio, per oltre due anni hanno proseguito con approfondite indagini patrimoniali sul conto degli indagati e delle persone loro collegate, applicando il Codice Antimafia (Decreto Legislativo n. 159/2011) nella parte relativa alle misure di prevenzione patrimoniale riservate alle persone ritenute socialmente pericolose, connotate da un’evidente sproporzione tra i beni posseduti (anche se intestati a incensurati prestanome) ed i redditi dichiarati dal nucleo familiare.
Individuando anche i prestanome a cui i beni erano stati formalmente intestati per eludere la confisca, è stato così possibile avanzare alle competenti Autorità Giudiziarie (Procure della Repubblica di Busto Arsizio, Milano e Lodi) le richieste di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali che sono state accolte dalla Sezione Autonoma Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano.
L’intero patrimonio sequestrato, dislocato tra i comuni di Busto Arsizio, Castellanza, Lonate Pozzolo, Monza (MB), Corno Giovine (LO), Pieve Fissiraga (PV) e Champorcher (AO), è passato ora nella gestione degli amministratori giudiziari nominati dal Tribunale di Milano in attesa della definitiva confisca e, dunque, del passaggio all’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, la quale, allorquando le sentenze di confisca, in alcuni casi già pronunciate, ma oggetto di impugnazione, diverranno definitive, ne curerà la destinazione ad un effettivo riutilizzo sociale.
L’aggressione dei patrimoni illeciti, infatti, consente allo Stato di colpire le organizzazioni criminali e, più in generale, le persone che vivono in tutto o in parte con i proventi di attività delittuose, nel cuore dei propri interessi economici, patrimoniali e imprenditoriali e di restituire alla collettività, per finalità sociali, i beni illegalmente accumulati.