VARESE, 24 ottobre 2020- di GIANNI BERALDO-
Per un residente nel Canton Ticino che dovesse rientrare proveniente da una zona a rischio compresa nella cosidetta ”black list”, ossia gran parte delle regioni italiane, vi é l’obbligo di quarantena di 10 giorni.
Cosa che invece non riguarda minimamente i lavoratori frontalieri.
Una incogruenza non di poco conto, questione spinosa e delicata della quale non si é ancora affrontato quello che potrebbe divenire un vero problema con il trascorrere dei giorni e la diffusione importante del Covid, sia in Svizzera che in Italia.
Inconguenza dettata dal fatto che un lavoratore frontaliere non é obbligato a sottostare alle indicazioni federal,i in quanto non residente nel Canton Ticino quindi non soggetto alle leggi cantonali.
Ricordiamo che la Black list emanata dall’Ufficio Federale della Sanitá Pubblica viene aggiornata costantemente in base al decorso della pandemia e della curva dei contagi.
«Ho introdotto un formulario in cui ogni mio dipendente deve comunicare se è stato in zone a rischio, così da prendere le adeguate misure. Non ho niente contro i frontalieri, ma sono dubbioso su questo provvedimento», dice il titolare di un’azienda del luganese contattato dal Corriere del Ticino.
In effetti non controllare a livello sanitario i lavoratori frontalieri che oggi giorno a migliaia varcano i confini svizzeri ci pare un’azzardo, al quale si dovrebbe intervenire urgentemente per non mettere a repentaglio la salute di tutti.
Rimane il fatto che la responsabilitá di presisporre gli strumenti e accorgimenti utili a garantire la salute dei dipendenti, é del titolare dell’azienda.
Se questo potrá essere sufficiente a impedire la diffusione del virus anche negli ambienti di lavoro, lo diranno i fatti.