Non solo Covid, in provincia di Varese preoccupa anche la peste suina trasmissibile attraverso i cinghiali

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VARESE, 18 novembre 2020 –  C’è molta preoccupazione tra gli allevatori del Varesotto e della Lombardia per la peste suina africana che si sta diffondendo in diverse parti della Germania e che può colpire cinghiali e maiali ed è altamente contagiosa e spesso letale per gli animali, ma non è, invece, trasmissibile agli esseri umani”. È quanto afferma Fernando Fiori, Presidente di Coldiretti Varese, nel commentare la presa di posizione dell’assessore regionale all’Agricoltura, Alimentazione, Sistemi Verdi Fabio Rolfi che ha sottolineato l’importanza di piani di contenimento dei cinghiali per combattere la diffusione di questa malattia.

Questo virus – precisa la Coldiretti provinciale – può passare facilmente da un animale all’altro attraverso stretti contatti tra individui, o con attrezzature contaminate (camion e mezzi con cui vengono trasportati gli animali, stivali, ecc.) o attraverso resti di cibo che trasportano il virus e abbandonati dall’uomo. Il rischio che il contagio possa essere esteso agli allevamenti italiani rappresenterebbe un gravissimo danno economico per le imprese soprattutto in un territorio come quello della Lombardia, prima regione in Italia per numero di maiali allevati.

Un possibile veicolo di contagio della peste suina africana possono essere proprio i cinghiali, il cui numero negli ultimi anni si è moltiplicato in provincia di Varese come nel resto del territorio italiano, dove oggi supera i due milioni di esemplari secondo le ultime stime nazionali. La proliferazione senza freni di questi animali – continua la Coldiretti Lombardia – oltre a preoccupare per i rischi per la salute, provocati dalla diffusione di malattie come appunto la peste suina, sta provocando un’escalation di danni nelle campagne, che si vanno a sommare a quelli di altre specie selvatiche, come i cervi ed altri ungulati.

I cinghiali – prosegue la Coldiretti provinciale – sono inoltre responsabili di aggressioni e incidenti stradali che si sono intensificati anche sul territorio della provincia di Varese: “E durante il lockdown, il problema si intensifica, poiché i cinghiali calano ulteriormente da boschi e brughiere verso i centri urbani e le strade non più trafficate: facile immaginare l’escalation di rischi quando finirà la “zona rossa” e le auto si metteranno di nuovo in marcia, con il rischio di trovarsi sulla propria traiettoria animali ormai “abituati” alle carreggiate sgombre”.

“La situazione nel Varesotto è gravissima” aggiugne Fiori. “Oltre a mettere a rischio la sicurezza sulle strade e intorno alle abitazioni, gli animali selvatici distruggono i raccolti agricoli e giungono persino a minacciare i centri urbani: e, al di là delle perdite gravissime che l’agricoltura subisce, la gente è stufa di vivere con il rischio di ritrovarsi faccia a faccia con un cinghiale fuori dall’uscio di casa”.

Il blocco di tutta l’attività di caccia nelle cosiddette zone rosse individuate dall’ultimo DPCM rischia peraltro di avere serie ripercussioni sul contenimento delle specie invasive, la difesa dell’agricoltura e la sicurezza delle persone. Oltre otto italiani su 10 (81%) – secondo l’indagine Coldiretti/Ixè – pensano che l’emergenza cinghiali vada affrontata con il ricorso agli abbattimenti, soprattutto incaricando personale specializzato per ridurne il numero.