VARESE, 8 marzo 2021-Un altro gioiello letterario quello che ci regala Murakami Aruki con il suo nuovo libro “Abbandonare un gatto” (Einaudi editore).
SINOSSI-Haruki abita col padre e la madre a Shukugawa, nel comune di Nishinomiya. A casa con loro dimora anche una gatta, che un giorno il padre decide di abbandonare sulla spiaggia. Haruki non ricorda se quella gatta fosse incinta o fosse una randagia stabilitasi nel loro giardino, ma dato che abbandonare un gatto nel Giappone degli anni Cinquanta, dove le devastazioni della Seconda Guerra Mondiale ancora punteggiano il paesaggio di ruderi bombardati, è un fatto piuttosto normale e senza alcun stigma sociale – e che la sterilizzazione non è pratica comune – padre e figlio non provano alcuna colpa per l’azione che stanno per compiere. La gatta è in una scatola posizionata sul portapacchi della bicicletta di Haruki. La spiaggia di Koroen dista da casa loro due chilometri lungo il fiume Shukugawa.
Il litorale non è stato ancora cementificato: durante l’estate era molto frequentata
Haruki Murakami non ha bisogno di presentazioni. Scrittore e accademico giapponese, acclamato dalla critica, ogni anno tra i papabili al premio Nobel per la Letteratura, con i suoi romanzi ha conquistato i lettori di tutto il mondo. A differenza dei suoi lavori più conosciuti, come Norwegian Wood, Kafka sulla spiaggia e 1Q84, il racconto Abbandonare un gatto (illustrato con grande talento da Emiliano Ponzi) ci restituisce un Murakami assorto e di poche parole, che si abbandona alla corrente turbinosa e spesso poco chiara o coerente dei ricordi. Al centro del suo rammemorare c’è il padre, Chiaki Murakami, secondo figlio del priore del tempio Anyoji, a Kyoto. La figura di Chiaki viene tratteggiata dal figlio Haruki evitando particolari sentimentalismi e senza caricarla delle tipiche connotazioni letterarie care ai romanzieri: ne fuoriesce il ritratto in minore di un uomo affabile che ha vissuto la una vita come quella di milioni di altri uomini. Anche lui ha avuto a che fare con problemi di successione – era tradizione che al priore del tempio subentrasse uno dei figli –, con la profonda passione per gli haiku o con le difficoltà della vita militare. Per Haruki, raccontare la storia di Chiaki non significa trasmettere un messaggio, ma presentare una «vicenda individuale» immersa nella «corrente di sangue vivo e caldo che, volenti o nolenti, ci trasmettiamo da una generazione all’altra», ossa nella storia. Anche il più minuscolo dei frammenti è parte integrante di quel tutto che ha prodotto il mondo in cui viviamo. (tratto da mangialibri.com e autorizzati alla pubblicazione)