VARESE, 20 aprile 2021-L’importanza di Gramsci intellettuale rivoluzionario, legato alle necessità politiche e ideali, storicamente determinate, del proletariato che lotta per il potere e quindi per la conquista dello Stato, è eccezionale e costituisce senza dubbio il più significativo esito culturale del pensiero italiano del Novecento.
Straordinaria si presenta, a questo punto, la figura dell’intellettuale, qual è quella di Gramsci, così come lo è altrettanto la sua vicissitudine politica e culturale prima nel PSI, e dopo nel Pcd’I, con la sua elaborazione teorica data nel periodo carcerario.
La sua elaborazione, che non è quella del solitario erudito esaminatore di pensieri svincolati dalla realtà, dell’umanista legato alle corporazioni degli spiriti eletti e di anime belle, ma è quella di un militante organico alle masse popolari al cui fianco e per cui lotta armata della teoria scientifica della rivoluzione è il marxismo-leninismo, è una teoria che per Gramsci doveva essere applicata non in astratto ma in concreto.
L’intellettuale d’avanguardia, quindi, legato ad una militanza politica non spontanea, ma organizzata nel partito politico della classe operaia, un partito che doveva essere “ l’intellettuale collettivo ”, di un partito che doveva essere visto come totale alterità rispetto alla totalità del potere borghese, e come l’unico organismo in grado di instaurare un corretto rapporto masse-avanguardia-masse; dove il compito del partito è posto in modo tale da organizzare le esigenze anche quelle più frammentate e spontanee per riportarle su terreno di più consapevole e unificata sintesi. Dalle masse alle masse, quindi, attraverso l’opera di mediazione e di sintesi operata dal partito d’avanguardia.
A queste posizioni Gramsci non approda immediatamente, ma attraverso un travaglio politico che conosce soprattutto sconfitte, per quanto eroiche.
Il pensiero di Gramsci, quindi, non si può cogliere in tutta la cogenza se non tenendolo in un costante riferimento con la sua attività di militante politico, di organizzatore della coscienza politica di massa, di uomo di partito.
Gli stessi Quaderni del Carcere risentono notevolmente di questa sua tensione morale e politica, risentono sia immediatamente che mediamente; infatti, le ricerche di ordine storico o culturale sono tutte da leggere in questa direzione.
In Gramsci, ancora, vi è una grande riproposizione del ruolo e del significato dell’unità dialettica di teoria e prassi e questo nel contesto vivo della realtà sociale in formazione; non l’elucubrazione teorica autosufficiente che crea l’abisso fra se stessa e la realtà così come viene proposto dall’idealismo e della metafisica, ma l’unità fra teoria prassi che si prolunga, si esalta, e si risolve nella “Politica”.
Quella di Gramsci, in altre parole, non è solo una lezione di metodo politico, ma è l’attenzione costante e continua con cui egli ha fissato il divenire dei processi di trasformazione sociale, i legami che in essi ha scoperto e svelato, le previsioni di sviluppo con cui ne costituiscono l’andamento, di un discorso politico ancora aperto e suscettibile di interventi.
Di fronte alla rivoluzione d’Ottobre, in un periodo in cui soggettivamente il Gramsci marxista si trova in una fase di apprendistato, quello che egli mette in luce con estrema decisione è il carattere di rottura con gli schemi libreschi e artificiosi delle degenerazioni positivistiche del marxismo.
Egli, infatti, con una certa esagerazione, intitola un suo articolo sull’Avanti!, in modo provocatorio: “La rivoluzione contro il <<Capitale>>”. Cioè, contro i deformatori opportunisti del pensiero marxiano, che hanno compilato sulle opere del Maestro una dottrina esteriore di affermazioni dogmatiche.
Per Gramsci, dunque, il primato della politica significa il primato dell’azione supportata dalla teoria
La stessa teoria non è complesso di affermazioni indiscutibili che riposino nei “sacri testi”, da memorizzare e custodire con zelo talmudico, né la teoria può esplicarsi solo su un piano di astratta progettualità.
Proprio per questo uno dei nodi più vitali del pensiero di Gramsci, il tema dell’egemonia, il blocco storico, gli intellettuali, il concetto di rivoluzione passiva, e rispetto all’occidente, alla dimensione e al ruolo della società civile la questione della guerra di movimento e della guerra di posizione, e poi in profondità il problema del legame tra spontaneità ed organizzazione, ed ancora la decisiva proposta di una potente ricomposizione di classe che passa attraverso il tentativo di produrre ad un livello alto l’unità fra teoria e prassi.
Il tentativo, quindi volto a dispiegare un livello teorico più avanzato perché differenziato dai moduli precedenti; Gramsci reintegra pienamente il valore del marxismo, sottraendolo alle degenerazioni revisionistiche e opportunistiche (vedi la critica gramsciana al ruolo e funzione di Benedetto Croce ).
Il rifiuto dell’economicismo e del determinismo, e il dispiegamento atto a proiettare in avanti l’iniziativa per la trasformazione rivoluzionaria sulla base di una piattaforma teorica, di un metodo politico corretto, possono senz’altro essere riconducibili all’opera di Gramsci, secondo quanto aveva notato Palmiro Togliatti nelle sue riflessioni a proposito dell’opera dell’intellettuale comunista sardo.
C’è in buona sostanza una consapevole accettazione e applicazione “creativa” ad un contesto storicamente differenziato dalla teoria e della pratica del leninismo, ed anche un suo ulteriore sviluppo.
Per questo lo scorso giovedì,15 aprile, il ricostituito Partito Comunista Italiano della Federazione di Varese , in concomitanza con le commemorazioni del centenario della nascita del Partito Comunista Italiano, ha inteso presentare il pensiero di Gramsci, soprattutto a partire dalla sua straordinaria disamina presente nei Quaderni del Carcere, con una iniziativa online ha proposto un’ iniziativa al divulgativa atta a permettere a tutti un’agile fruizione della sopracitata opera gramsciana soprattutto da parte del corpo militante del partito, ma anche nei confronti dei cittadini che hanno a cuore le sorti democratiche del nostro paese.
Da parte del Partito Comunista Italiano della Provincia di Varese ciò è stato inteso come un impegno politico di primaria importanza, soprattutto in una situazione politica che vede il movimento comunista a livello nazionale e internazionale in difficoltà estrema, a causa di una sconfitta che senza alcun ombra di dubbio si può definire epocale, per il movimento comunista nazionale e internazionale.
Leggere Gramsci, e ripartire da Gramsci è necessario per ritornare a confrontarsi con uno dei momenti più alti del pensiero teorico nazionale e internazionale del comunismo.
Per cui serve, in questa fase del nostro paese, una lettura diffusa è soprattutto coniugata al presente proprio con per permettere a tutti coloro che militano a Sinistra di accostarsi ad un grande classico teorico-politico del pensiero marxista: un classico che può, nonostante la difficoltà dell’immediato politico, ad aiutare a pensare al futuro, e ad una ripresa della marcia, della battaglia per il socialismo, per la transizione ad una democrazia capace di proporre una lotta virulenta a tutto ciò che rappresenta la depauperazione strutturale, ma anche morale e intellettuale del modo di produzione capitalistico, soprattutto nella sua versione più putrescente proprio del “tardo capitalismo”.
Il pensiero di Antonio Gramsci come antiveleno alle penetrazioni culturali del neoliberismo all’interno del movimento operaio, e non come è stato proposto da alcuni, anche in provincia di Varese, come alea anestetica per edulcorate commemorazioni di facciata.
Per questo la nostra proposta, a partire dall’ iniziativa online del 15 Aprile, quella dei militanti del ricostituito Partito Comunista Italiano Federazione di Varese, quella di una nuova e straordinaria rilettura gramsciana del “passato “ come “presente” e del “presente come storia” .
Cosimo Cerardi del PCI Federazione di Varese.