Varese fu indifferente alla deportazione degli ebrei: alla Ubik presentato libro di Giannantoni sulla famiglia Russi fuggita in Svizzera

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VARESE, 5 giugno 2021-di GIANNI BERALDO-

Un’altra storia di vita vissuta, un altro triste episodio che vede protagonisti ebrei perseguitati, un’altra pagina nera nella storia di Varese.

Stiamo parlando dell’esilio in Svizzera della famiglia ebrea Russi fuggita da Varese nel 1943 attraversando il valico di Clivio grazie a delle guide deputate a questo: in cambio di denaro ovviamente.

Numeroso pubblico per la presentazione

Una vicenda poco conosciuta, narrata giorno dopo giorno grazie a un diario scritto dall’allora 18enne Renzo Russi, quinto di undici figli, tutti fuggiti oltre confine quando i tedeschi occuparono Varese iniziando a deportare ebrei con rastrellamenti (e uccisioni) perpretati con la complicitá dei fascisti.

Esiliati in Svizzera fino all’estate del 1945 dove i vari componenti  erano stati poi separati in vari Cantoni della confederazione elvetica in campi di lavoro, la storia della famiglia Russi ora é divenuto un bel libro (tratto proprio dal diario di Renzo Russi) scritto dallo storico varesino Franco Giannantoni dal titolo ”La mia fuga in Svizzera con i genitori e nove sorelle per sfuggire alla Shoah” (edizioni Amici della Resistenza) presentato pubblicamente questa mattina all’aperto presso la libreria Ubik di Varese.

Lo storico e giornalista Franco Giannantoni

Un pubblico numeroso e particolarmente attento (presenti pure alcuni componenti ed eredi della famiglia Russi) ha ascoltato i vari episodi narrati con la solita verve, grande dialettica, competenza e elevata professionalitá da Giannantoni, giornalista e grande studioso della Resistenza conosciuto e apprezzato in tutta Italia (da sempre molto amico della senatrice Liliana Segre) grazie a lavori importantissimi sotto il profilo storico e sociale.

Lavori e ricerche utili soprattutto a comprendere e non dimenticare il passato. Quel passato dove il Paese sprofondó nella tirannia della dittatura fascista con il giogo nazista a farla da padrone.

Anche Varese nel suo piccolo contribuí a scrivere pagine tristi di storia; come evidenzia Giannantoni raccontando al pubblico episodi salienti del libro, ricordando pure l’indifferenza dei varesini (forse paura?) quando avvenivano i rastrellamenti con conseguenti deportazioni nei confronti degli ebrei.

Oppure la benevole accoglienza ricevuta dai nazisti al loro arrivo in cittá (insediando i loro comandi a Villa Concordia, Villa Toeplitz e altre lussuose ville storiche) ricevendo fiori dalle donne e applausi. Atteggiamento a dir poco deplorevole rimarcato dal solo e indignato monsignor Proserpio che disse «Andate incontro ai tedeschi con fiori e sorrisi, poi ve ne accorgerete».

Erano anni difficili, dove nessuno ebreo nemmeno a Varese si poteva fidare. Un esempio fu quello della famiglia Balconi, anch’essa in procinto di fuggire in Svizzera ma tradita dall”albergatore varesino che li aveva accolti.

Insomma tanti episodi che riguardano la persecuzione degli ebrei varesini. Ne vennero inviati ad Auschwitz 199, tra i quali la famiglia Ergovitz della quale si salvó solo una figlia che ebbe il coraggio di testimoniare in un processo nel 1946 contro chi l’aveva tradita a Varese.

«Una voce importante quella di Renzo Russi, perché vi sono poche tracce a livello di ricerca storica degli internamenti in Svizzera. Bella la storia di Renzo, che non avendo nessuna professionaltiá visto la giovane etá, si adottó a svolgere molti lavori umili. Tutto questo riportato fedelmente nel suo diario, scritto in modo semplice, quasi banale ma significativo».

in quegli anni la Svizzera arrivó ad accogliere circa 45mila italiani di cui 33mila civili (molti ebrei) e 11 mila militari. Una vicenda quella di Renzo e la sua famiglia finita nel migliore dei modi, con la loro ricongiunzione nel Canton Vallese verso la fine dell’esilio.

Rientrato in Italia Renzo frequenta il Politecnico di Milano laureandosi nel 1051 in Ingegneria Civile. Nel corso degli anni realizzó diverse opere di edilizia popolare, come il quartiere di San Fermo di Varese. Tra le sue passioni anche quella per il disegno a china, con opere esposte nel 2003 a La Salle in Val D’Aosta.

Insomma una vita vissuta veramente, una storia da non dimenticare, da raccontare e diffondere.

E questo libro aiuta non poco nella conoscenza di episodi, di fatti e vicende che qualcuno oggi vorrebbe dimenticare

direttore@varese7press.it