VARESE, 24 novembre 2021-Si succedono in questo periodo episodi di violenza che esprimono disagio e sofferenza di adolescenti e giovani: le cronache giornalistiche in merito sono numerose e a noi vicine (un ragazzo italiano accoltellato da ragazzi italiani pochi giorni fa la stazione di Casbeno). Anche le indagini sociologiche lo dicono: sono aumentati tra i minori fragilità e solitudine.
Possiamo ancora parlare di situazioni marginali? Di problematiche legate al contesto economico-sociale? Di cattivi ragazzi?
E poi ancora: ha senso riempirci la bocca di parole come “crisi educativa”, “disagio generazionale”, “situazione drammatica” senza far nulla, senza muoverci, senza metterci in gioco.
Quando un terremoto colpisce una città si riunisce un comitato di crisi, si mobilitano Istituzioni, realtà di volontariato, cittadini; si fanno progetti di breve, medio e lungo termine, si mettono in gioco progetti, piani di ripresa, si loda la generosità dei singoli e si riconosce il valore delle Istituzioni.
Ma davanti a questo terremoto sociale, davanti ad una generazione sofferente e smarrita, cosa possiamo fare? Cosa dobbiamo fare?
Le Chiesa Italiana vive l’anno straordinario degli adolescenti, le nostre comunità stanno imparando a interrogarsi, a mettersi in gioco e partono qua e là progetti preziosi e profetici.
Ma ci possiamo accontentare? Possiamo accontentarci che qualcuno faccia qualcosa?
È diventato evidente, anche grazie alla situazione pandemica, che da queste situazioni si può uscire solo con l’impegno di tutti. E allora ci permettiamo di dar voce a questa situazione e di invitare tutte le Istituzioni della nostra città, che certamente hanno a cuore il bene comune e percepiscono questa crisi, a sederci al tavolo per affrontare insieme questa sfida, per condividere la lettura della situazione e per proporre soluzioni concrete.
La questione educativa deve interrogare tutti: genitori, società, politica, Istituzioni e anche le parrocchie che sono attive sul territorio e già si confrontano con questa situazione emergenziale.
Spetta a noi, adulti di oggi, garantire un presente buono agli adulti di domani, perché essi sono il nostro futuro: un futuro che non possiamo ignorare.
Servono modelli e guide che mostrino come l’altro possa essere un bene per la propria esistenza e che esiste un peso specifico delle proprie azioni.
Certamente la famiglia, la scuola e le altre agenzie educative non bastano più: è più che mai evidente che l’intera comunità locale e nazionale deve farsene carico. Urgentemente.
Monsignor Luigi Panighetti
Prevosto di Varese