VARESE, 8 febbraio 2022-“No all’uso strumentale delle leggi elettorali, sì ad una coerenza sui principi coi referendum elettorali”. Con un appello sulle pagine del quotidiano “Il Riformista” parte oggi una iniziativa per rimettere nella giusta direzione il dibattito sulla riforma elettorale.
I cinque promotori – Carlo Fusaro, costituzionalista dell’Università di Firenze, Pietro Ichino, giuslavorista dell’Università di Milano, Claudia Mancina, filosofa e docente all’Università La Sapienza, Enrico Morando, già viceministro dell’Economia, e Giorgio Tonini, giornalista ed ex parlamentare dem – dicono no ad una riforma a colpi di maggioranza che indebolirebbe il cammino del Governo Draghi.
Ma, soprattutto, auspicano che qualsiasi riforma della legge elettorale sia rispettosa dei
due principi “approvati a larga maggioranza dal corpo elettorale” con i referendum del 1991 e 1993, ovvero: “è l’elettore che decide col voto da chi farsi governare; è l’elettore che individua da chi farsi rappresentare”.
Due principi che sono bene realizzati nei modelli elettorali per i Comuni e per le Regioni. “A quei principi non corrisponde peraltro, in alcun modo, una legge proporzionale”, concludono i promotori.
Di seguito il testo completo dell’appello. I cittadini sono invitati ad aderire rispondendo alla mail: proporzionalenograzie@gmail.com
Appello
- Siamo al quarto anno della legislatura e sin qui nessuno ha modificato la legge elettorale.
La legge elettorale in vigore è una pessima legge, che ha dato cattiva prova di sé. Se cambiarla è necessario, lo è altrettanto che la nuova legge elettorale sia approvata da una larga maggioranza, almeno pari a quella che sostiene il Governo Draghi. Una riforma a stretta maggioranza, non solo ripeterebbe gli errori commessi in proposito nel recente passato, ma metterebbe a rischio lo sviluppo positivo dell’esperienza del Governo in carica.
Inoltre, una scelta del genere, nettamente sconsigliata dal Consiglio d’Europa, finirebbe col confermare la tendenza patologica italiana che persiste dal 2005 a modificare le regole del gioco a ridosso del voto sulla base di sondaggi e di previsioni di parte.
Non esistono altri casi nei paesi democratici di così frequente ricorso a nuove leggi elettorali.
Delle due l’una: o si trova un’intesa quasi unanime o è da evitare comunque. Tanto più
che un’azione di forza non potrebbe che mettere in difficoltà se non in crisi il governo Draghi.
2) Quanto ai principi cui ispirare l’azione di riforma i referendum elettorali del 1991 e del 1993, approvati a larga maggioranza dal corpo elettorale, ne hanno espresso due fondamentali:
- è l’elettore che decide col voto da chi farsi governare;
- è l’elettore che individua da chi farsi rappresentare.
Questi principi si sono realizzati in un modello compiuto per Comuni e Regioni e con rendimenti alterni a livello nazionale, perché in questo caso si è intervenuti solo sulla legge elettorale – e non anche sulla forma di governo sancita dalla Costituzione – e perché le leggi Mattarella sono state abolite quando stavano mostrando, comunque, di funzionare. Il sistema elettorale per i Comuni e le Regioni non solo funziona bene ma è molto apprezzato dai cittadini, al punto da diventare, nella mentalità comune degli elettori, lo schema condiviso della competizione.
Quando vi saranno le condizioni politiche è da quei principi e da quel modello che bisognerà ripartire, con l’intenzione condivisa di dare al paese una legge che duri nel tempo e non rifletta solo convenienze transitorie e spesso malintese.
3) A quei principi non corrisponde peraltro, in alcun modo, una legge proporzionale con sbarramento che non si vede come possa miracolosamente creare partiti in grado di gestirla con accordi di legislatura e che mantengano un rapporto tra voti, potere e responsabilità.
L’esperienza di governi post-elettorali di questa legislatura, conclusasi con una necessaria supplenza presidenziale, è lì a dimostrarlo.
Chiediamo a tutti coloro che concordano con questi due punti di principio di mandarci la loro adesione alla mail:
proporzionalenograzie@gmail.com
Primi firmatari
Carlo Fusaro, Pietro Ichino, Claudia Mancina, Enrico Morando, Giorgio Tonini