Recensione album ‘Live at The Scala Theater’ di Eric Bibb

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VARESE, 13 maggio 2024- di GIANNI BERALDO-

Ci è riuscito il bluesman neworkese Eric Bibb. E’ riuscito ancora una volta a toccare le corde emozionali di noi perenni sognatori, fautori dell’essenza, della concretezza, dello sviscerare senza parsimonia quello che forse solo la musica blues riesce a instillare, evitando qualsiasi tipo di compromesso in modo diretto e senza troppi fronzoli.

Dogmi che Bibb ha deciso di immortalare nel bellissimo album live registrato l’anno scorso alla Scala Theater di Stoccolma, intitolato per l’appunto Live at The Scala Theater.

Concerto che vede il 73enne songwriter in grande forma, prodigarsi sul palco dello storico locale svedese ‘armato’ di sola chitarra acustica accompagnato da una band strepitosa composta in parte da bravissimi musicisti locali, in parte quella già consolidata in anni di concerti.

Formazione che vede tra gli altri Hanna Helgegren (1° violino), Sarah Cross (2° violino), Christopher Ohman (viola), Josef Ahlin (violoncello) Erik Avinder e David Davidson (archi), senza dimenticare una delle vocalist, nonché moglie, Ulrika Bibb, ospite per un’epica serata.

Non è il primo live di Eric nella sua lunghissima carriera iniziata nel 1972 con l’album Seans the best, pubblicando poi oltre trenta album tra cui quattro album live ( l’ultimo è Troubadour Live With Staffan Astner del 2011). Ma in questo caso l’artista americano ha voluto lasciare un segno indelebile della sua classe cristallina scegliendo un repertorio che guardi poco al passato, sfoggiando sontuose versioni di canzoni pescate da album relativamente recenti, come l’ultimo e fortunato Dear America del 2021 o ben tre songs dall’ispirato Global Riot del 2018.

Dieci brani in tutto. Dieci perle suonate da Dio fin dall’iniziale Goin’ Down The Road Feelin’ Bad (dall’album Brothers in Bamakó del 2012) con la platea che si scalda fin da subito con l’efficace incedere di chitarra e armonica, utile a ribadire che il semplice schema blues composto da quattro battute funziona sempre; soprattutto se a raccontare storie, a volte velate di tristezza a volte di felicità, è una voce come quella di Eric Bibb.

Ho preso la mia chitarra, il mio cuore tormentato e mi sono messo in viaggio” così racconta Bibb nella successiva Silver Spoon da Blues People del 2014 con richiami a gente del calibro di Muddy Waters o Keb Mo, con il sound minimale della band che ci riporta a concerti da piccoli club del passato in fumosi locali di Chicago o della Louisiana.

Si ritorna al presente con la ballatona folk blues Along The Way dove le oltre 70 primavere di Bibb a livello vocale reggono ancora il confronto con artisti meno attempati, emozionando alla grande.

In scaletta non poteva mancare un classico come Bring Me Little Water, Sylvie ( canto di lavoro di Lead Belly) reso ancora più efficace dal fiddle sound delle due violiniste e un’ottima base ritmica.. Dose massiccia di classic blues alla Taj Mahal nella successiva e inedita Things Is ‘Bout Comin’ My Way (singolo anticipatore del nuovo album in studio non ancora pubblicato), gran pezzo!


Con il brano Rosewood si deborda in territori country blues e Americana dove ancora una volta l’arpeggiare acustico di Eric e il violino di Hanna Helgegren fanno sfoggio di gran classe apprezzato dal pubblico.

Dall’ottimo album Dear America, Bibb sceglie anche la song Whole World’s Got The Blues, altro bluesaccio semi acustico da far smuovere le gambe, che ci riporta a cose di Buddy Guy.

Il fiume per la musica blues e i suoi interpreti è come una introflessione nella purezza dell’anima, dove poter lavare i peccati o iniziare nuovi amori. Così Eric per raccontare una storia dove questi contrasti e inquietudini emergono prepotentemente ha scelto River Blues (sempre da Global Riot), immaginifica folk blues song che lascia il segno.

Live che volge all’epilogo con un brano d’atmosfera come 5oo Miles lasciando posto alla conclusiva Mole in The Ground , quasi una ballata da richiami simil irlandesi dove tutta la band si ritaglia uno spazio, con Eric che alla fine invita il pubblico a cantare all’unisono il ritornello “Mole in The Ground”, ricambiato da grande affetto e applausi convinti per una serata, per un concerto, davvero speciale.

redazione@varese7press.it