VARESE, 16 maggio 2024- di VINCENZO ANDRAOUS-
Non c’è un giorno, una notte e un nuovo giorno in cui guerre camuffate di una qualche giustezza fanno stragi di bambini depredati di ogni sorriso, in terre divise e derubate dei propri confini, tra gli inni alla pace gridati a tempo di musica, e richieste di giustizia licenziate con qualche parola travestita di compassione.
Africa, Medioriente, Europa, in fiamme, tra le macerie, tante persone in marcia per la pace, altrettante in guerra per difenderla, altre circondate e maltrattate, per distribuire fintamente- equamente il residuo di giustizia. Specialisti in relazioni spediti qui e là, equazioni e sottrazioni della comunicazione a supporto delle percentuali e delle statistiche, tutte ben contenute nella negazione del dato esponenziale, che accerta l’odio e la vendetta covare sotto il primo strato di pelle, che non si vede, ma si muove sotto carico, pronto a esplodere a ogni nuovo giorno. Scacchieri e pedine si muovono lentamente intorno a paesi dimenticati, città violentate, popolazioni morenti e abbandonate in frontiere frantumate.
Il Far West non è poi così lontano, moltiplicato per mille, nelle sue nefandezze inenarrabili. Neppure l’immaginario collettivo riesce a delinearne i contorni, la proporzione di quelle macchie, sagome indistinte, ma in continuo spostamento, il tremore della terra, al suo avanzare e ritrarsi. Guerre per la pace il nuovo inno, il nuovo e vetusto verbo. Improvvisi i colpi sordi, come i cannoni di ultima generazione, botti ripetuti, alle spalle, tra le scapole, in mezzo agli occhi, a liquidarne lo zoccolo, quello più duro, fino a estinguerne lo sguardo in alto, la fierezza ridotta a souvenir di tanti uomini stanchi delle catene e dalla costrizione a un silenzio disperante. Le nazioni ridotte a periferie di oggi, un ricordo sbiadito delle democrazie di domani, schiacciate dalle tante parole che sono state dette, dalle recinzioni che sono sopravvenute, costruite a misura per non ascoltare.
A ben pensarci, delle libertà di ieri, ne rimangono pochi limpidi esemplari, ma ci sono ancora, per non farci cadere all’indietro, nel vuoto della memoria. Pochi esempi in bella vista nella prateria dimenticata, a sfidare i fucili, i tanti cuori pavidi, i governi dell’insignificanza sociale, dei poteri esposti controvento, per meglio difendere la propria inadeguatezza.
Da questa maledetta solitudine del sangue dovremmo imparare la necessità di una libertà che appartenga a tutti, indipendentemente dalla religione e dal portafoglio che ognuno professa.