Roma, 28 maggio 2024 – L’età anagrafica come oggetto di stigma e pregiudizio, come se l’essere anziani fosse di per sé un limite, una condizione invalidante, una differenza in termini negativi. Si chiama “ageismo” ed è un fenomeno non ancora messo a fuoco nel dibattito politico e culturale e che sembra inarrestabile. E in una società longeva come quella europea il problema diventa critico, perché rischia di bloccarne lo sviluppo, minando le relazioni intergenerazionali. Servono politiche mirate e più incisive, e allo stesso tempo trasversali a ogni livello della nostra comunità.
È questo il messaggio del “Manifesto Europeo contro L’Ageismo” presentato oggi presso il Parlamento Europeo a Roma da Fondazione Longevitas con altre 21 organizzazioni firmatarie del documento.
Un appello che giunge anche a pochi giorni dalle elezioni europee per chiedere ai candidati al Parlamento Europeo l’impegno a sottoscriverlo e a porre il contrasto all’ageismo come una priorità dell’agenda istituzionale. Secondo il Rapporto Globale sull’Ageismo presentato il 18 marzo 2021 dal Comitato Economico e Sociale Europeo in collaborazione con l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, il Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari Economici e Sociali e il Fondo delle Nazioni Unite, circa il 42 per centro della popolazione anziana europea avverte la presenza diffusa di discriminazione legata all’età nel proprio paese, con particolare rilevanza sul luogo di lavoro. Una persona su tre in Europa, sia giovane che anziana, dichiara di essere stata vittima di ageismo. L’ageismo produce impatto in termini di limiti al diritto alla salute, escludendo spesso gli anziani dalle cure solo in base al criterio d’età, e ancora in tanti ambiti del vivere, come il lavoro, rispecchiandosi, e alimentandosi, nei media e sui social: gli anziani costituiscono solo l’1,5 per cento dei personaggi in televisione negli Stati Uniti, solo 8,5 per cento dei personali principali in tv in Germania, il 12 per centro dei tweet secondo un’analisi contiene linguaggio ageista. L’impatto sulla salute è enorme, si stima che vi siano ben 6,33 milioni di casi di depressione nel mondo attribuibili ad ageismo, e anche sull’inaccettabile fenomeno degli abusi, che colpisce il 15,7 per cento degli anziani, ovvero quasi 1 su 6.
Anche alla luce di questi numeri drammatici, la lotta contro l’ageismo costituisce una delle quattro principali azioni del Decennio dell’Invecchiamento in Buona Salute (2021-2030) delle Nazioni Unite. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ageismo è la terza principale causa di discriminazione a livello mondiale. Ma il vero e proprio piano di contrasto al fenomeno, con strumenti mirati, è ancora tutto da costruire.