Riflessioni post voto europeo: “La democrazia della minoranza”

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VARESE, 11 giugno 2024-di MICHELE TODISCO-

Anche a questa tornata elettorale l’affluenza alle urne è il dato che risalta maggiormente, se si escludono i festeggiamenti e le chiacchiere da talk show dei politici e degli addetti ai lavori.

Ennesimo record negativo con l’affluenza al voto del 49,69% per le europee e con il partito dell’astensionismo che conquista la maggioranza assoluta. Alle amministrative poco più del 60% degli elettori va al seggio lasciando al partito degli astensionisti la maggioranza relativa.

Di questi dati, ma soprattutto di questi umori, i politici sembrano infischiarsene e lanciano al corpo elettorale l’ingiuria di qualunquismo e menefreghismo, non ponendosi fino in fondo il problema del perché di tanta disaffezione del popolo al sistema rappresentativo della democrazia.

Se democrazia significa letteralmente potere al popolo, e quindi alla decisione della maggioranza di esso, mi sembra che questa definizione sia del tutto contraddetta.

Anche le elezioni precedenti svolte in Basilicata, per citare un esempio, confermano la tendenza dell’astensionismo a diventare sempre di più il “partito di maggioranza qualificata” del paese.

I dati parlano chiaro: ha votato il 49,80% degli aventi diritto di voto, si è astenuto il 50,20%.

Il candidato Vito Bardi vince con il 56,63% del 49,80% degli aventi diritto di voto, quindi vince con il 28,42% dell’intero elettorato della Basilicata.

Il nostro caro politico Vito Bardi rappresenta quindi un terzo della Basilicata ovvero una netta minoranza della popolazione.

Elezioni dopo elezioni, sembra essere sempre più capovolto il concetto di “democrazia “, intesa come condizione in cui le decisioni sono prese dalla maggioranza e la minoranza si conforma a esse, dando piena espressione al principio della sovranità popolare contemperato da una serie di limiti e obblighi volti a garantire i diritti delle minoranze.

Viene, di fatto, votata una minoranza rappresentativa che prende decisioni che si conformano a garantire i diritti della maggioranza.

Quindi possiamo definire la nostra classe politica una ’“aristocrazia democratica” in quanto minoritaria rispetto al concetto di sovranità popolare.

Questo non sarebbe da demonizzare, se la parola aristocrazia fosse intesa etimologicamente come il governo dei migliori, ma visti i curricula dei nostri politici, si fa molta fatica a considerare questa accezione.

Nel futuro, gli studiosi di storia politica come potrebbero descrivere questo stato di cose? Governati da una oligarchia partitica, oppure da una aristocrazia democratica o da una poliarchia, come la definisce Robert Allan Dahl?

Tornando all’etimologia di democrazia, potere del popolo, ci ritroviamo sempre di più verso il potere dei pochi.

I politici rappresentano il volere del popolo? La risposta è nei risultati delle elezioni, dove è sempre di più una minoranza a governare.

Come si può quindi creare uno stato veramente democratico?

A mio parere, la risposta rimane l’unica non ancora sperimentata dagli stati moderni e che può essere suffragata con il progresso della tecnologia: la democrazia diretta.

Qui apriamo un capitolo nuovo e nuovi paradigmi della politica. È arrivata l’ora di parlarne.