Italia e Europa non sanno creare intelligenza artificiale Ma sono veri maestri nel regolamentarne l’utilizzo

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VARESE, 16 agosto 2024-«Il ritardo dell’Europa e dell’Italia sull’intelligenza artificiale riguarda la capacità di crearla, ma non quella di utilizzarla. Al di là, infatti, di notizie e statistiche, spesso approssimative, basate non di rado su pregiudizi e scarse conoscenze della realtà, l’Europa è nettamente all’avanguardia sulla regolamentazione dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale, il che è un aspetto fondamentale per farne un uso economicamente e socialmente sensato, nonché eticamente responsabile».

Lo hanno detto, a Lignano Pineta, nel corso primo incontro di “Economia sotto l’ombrellone” 2024, i relatori Marco Cozzi, Gabriele Gobbo e Luigi Gregori, moderati da giornalista e direttore editoriale Nord Est di Eo Ipso, Carlo Tomaso Parmegiani, che si sono confrontati sul tema “Il futuro del digitale fra intelligenza artificiale e mancanza di personale”.

Infatti, secondo i tre relatori, ideatori e organizzatori del Digital Security Festival, che da cinque anni, con spirito divulgativo, porta all’attenzione del grande pubblico i temi dello sviluppo digitale dell’economia e della società, «esiste sicuramente un gap fra Europa da un lato e Cina e Stati Uniti nello sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale, dovuto a un ritardo nella partenza e a una minor capacità di investimento rispetto a quella delle “sette sorelle” del Big Tech Usa (Apple, Microsoft, Google, Amazon, Nvidia, Tesla e Meta Platform) e del governo cinese, oltre che alla mancanza di una strategia coordinata europea per lo sviluppo dell’IA. Ma dall’altro canto molte aziende, pubbliche e private, europee sanno fare un uso molto avanzato delle tecnologie digitale e dell’intelligenza artificiale, tutelate anche da una normativa europea, l’Ai Act, molto ben pensata. Certamente -hanno aggiunto Gregori, Gobbo e Cozzi- in Italia esiste un problema legato al fatto che le nostre aziende sono per lo più medio piccole e sono in difficoltà nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale sia per un oggettiva mancanza di dati, sia per una non sufficiente preparazione della classe dirigente di queste imprese, che non riesce ancora a comprendere adeguatamente l’importanza, strategica ed economica, di implementare nella propria quotidianità sistemi e tecnologie legate all’IA».

Dal canto suo, Gabriele Gobbo, conduttore della trasmissione Tv FvgTech, ha spiegato che: «L’intelligenza artificiale generativa in ambito lavorativo è ormai una realtà, e i problemi principali li avranno coloro che non la implementeranno in azienda. Al contempo, è necessario creare norme globali a protezione sia dell’utilizzo etico e consapevole, sia dello sviluppo, che deve sempre essere trasparente e rispettoso dei dati e dei diritti delle persone, con un approccio filosofico cyberumanistico».

«L’IA -ha poi sottolineato Marco Cozzi, presidente del Digital Security Festival– rappresenta un’opportunità economica senza precedenti, ma anche una sfida complessa. Le imprese che sapranno cogliere le potenzialità dell’intelligenza artificiale potranno incrementare la propria produttività, innovare i propri prodotti e servizi e conquistare nuove fette di mercato. Allo stesso tempo, è necessario investire in formazione e riqualificazione professionale per preparare la forza lavoro ai cambiamenti in atto e mitigare i rischi di disoccupazione tecnologica».

Passando, in seguito, al tema non meno importante delle possibili connessioni fra intelligenza artificiale e sicurezza informatica, Cozzi ha chiarito che: «L’uso dell’IA in ambito cybersecurity, tema che approfondiremo durante il Digital Security Festival di ottobre, rappresenta una potente arma a doppio taglio. Da un lato, l’IA può rivoluzionare la sicurezza informatica, automatizzando la rilevazione e la risposta agli attacchi con una velocità e precisione senza precedenti. Dall’altro, la stessa tecnologia può essere sfruttata dai cybercriminali per orchestrare attacchi sempre più sofisticati e difficili da prevenire. Per questo è cruciale sviluppare sistemi di IA sicuri e affidabili, oltre a diffondere una cultura della cybersecurity che coinvolga attivamente tutti gli utenti».

Nell’incontro, che ha visto una folta presenza di pubblico interessato e partecipe, i tre relatori hanno affrontato anche il tema della formazione nell’ambito digitale e dell’intelligenza artificiale con particolare attenzione al Nord-Est italiano, chiarendo come «la carenza di personale qualificato nel settore digitale e dell’intelligenza artificiale è un problema diffuso in Italia, e in particolare nel Nord-Est -ha detto Luigi Gregori, presidente It Club Fvg-. Questo “mismatch” delle competenze è il risultato di: una scarsa offerta formativa non sufficiente a soddisfare la richiesta; di una forte mobilità dei talenti, che porta i professionisti più qualificati a spostarsi verso aree più dinamiche e con maggiori opportunità, come la Lombardia o l’estero, attratti da condizioni lavorative più favorevoli, come remunerazioni più elevate e contesti aziendali più attenti all’innovazione; di ritardi nell’adozione delle nuove tecnologie che può ridurre la capacità delle aziende nordestine di attrarre e trattenere personale qualificato, aggravando il divario di competenze».

«È fondamentale, dunque -hanno concluso Cozzi, Gobbo e Gregori- potenziare la formazione di nuove figure professionali, sia attraverso percorsi universitari che tramite programmi di formazione continua mirati a sviluppare le competenze digitali richieste dal mercato e rafforzare la collaborazione tra il mondo accademico e imprenditoriale per allineare i percorsi formativi alle esigenze del mercato del lavoro. Servirebbero, poi, incentivi fiscali e finanziari per le imprese che investono nella formazione del personale e nell’adozione di nuove tecnologie e la creazione di ecosistemi digitali. In sintesi, offrire un equilibrio tra vita lavorativa e personale, stipendi competitivi e opportunità di crescita può rendere il territorio più attrattivo e contrastare la fuga di cervelli. Con un impegno congiunto di istituzioni, imprese e mondo accademico, è possibile colmare il gap e rendere il Nord-Est un polo di eccellenza nell’innovazione digitale».