Recensioni libri: ”Riccardino” (Sellerio editore) di Andrea Camilleri

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VARESE, 30 agosto 2020-Non sono ancora “le cinco del matino” che il telefono si mette a suonare, svegliando Salvo Montalbano che finalmente si era addormentato dopo una notte insonne, “’na botta d’insonnia senza rimeddio, pirchì non scascionata da un eccesso di mangiatina o da un assuglio di mali pinzeri”. Di certo chiamano dal commissariato, “doviva essiri capitata qualichi cosa di grosso”. E invece è una voce sconosciuta “squillanti e fistevoli” che annuncia: “Riccardino sono!”.

Montalbano, piuttosto irritato – “come minchia si fa ad essiri squillanti e fistevoli alle cinco del matino?” – sta per mandare lo sconosciuto “a piglirisilla in quel posto” quando viene anticipato da quello che gli rimprovera di essere in ritardo, che manca solo lui e che sono già tutti lì al bar Aurora. La tentazione della “carognata” è troppo forte, il commissario risponde che sta per arrivare, riattacca e se ne torna a dormire. Passate da poco le sei il telefono suona ancora e stavolta è davvero Catarella, come al solito confusionario, con cattive notizie. “Da qualichi tempo gli fagliava la gana” e Montalbano vorrebbe tanto poter chiamare Mimì Augello ma non è in servizio per motivi familiari, e gli tocca quindi raggiungere Fazio sul posto dove hanno sparato ad un tizio di prima mattina. Ma il nervoso di inizio giornata è destinato ad aumentare.

Affacciata ai balconi c’è un sacco di gente che se lo indica a vicenda e si chiede se sia “chiddro vero” o “chiddro di la tilevisioni”. Colpa sua: dieci anni prima aveva raccontato ad un autore locale una storia che gli era capitata e quello ci aveva scritto un romanzo, poi le storie erano diventate di più ed erano finite persino in televisione. Il risultato? “’No scassamento di cabasisi ‘insupportabili, che pareva nisciuto paro paro da ‘na commedia di ‘n autro autore locali, un tali Pirandello”. E il meglio deve ancora arrivare. Il morto ha il volto devastato da un colpo di pistola, accanto alla mano per terra c’è il suo cellulare e si trova vicino ad una insegna che recita Bar Aurora.

Dal racconto dei tre amici che hanno assistito alla scena, dopo aver chiuso la chiamata (proprio quella arrivata per errore a Montabano!), il giovane è stato colpito da un tizio arrivato su una grossa moto nera. Il morto è Riccardino Lopresti, trent’anni come i suoi amici – che si conoscono fin dalla prima elementare – ed era impiegato nella sede cittadina della Banca Regionale, era sposato con una tedesca (che detesta i suoi amici) e non aveva figli. A partire da questo affiatato (affiatato?) gruppo di amici che tutti chiamano “i quattro moschettieri”, il commissario comincia le indagini che subito evidenziano qualche stranezza. Ma per lui adesso ogni cosa risulta faticosa; non ha perso affatto il fiuto da sbirro, quello no, ma c’è come una stanchezza profonda che lo rende insofferente. Per non parlare della mezza discussione rimasta in sospeso al telefono con Livia e soprattutto della storia del “profissori autori”, come lo chiama Catarella, che ogni tanto lo chiama da Roma. Davvero una gran camurrìa…

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