VARESE, 15 ottobre 2020-di BRUNO BELLI-
Qualche constatazione un po’ amara e sconcertata di un varesino, certo non anziano, ma nemmeno più giovane, che ha fatto tempo a vedere la città in una forma sicuramente più allettante di oggi, sia nell’aspetto della stessa, sia nella qualità della vita. Un saluto di affetto, ma anche di disillusione.
Qualche giorno fa, dopo otto mesi circa che non mi recavo nel centro della città, complici gli impegni personali e il «lockdown», dovendo raggiungere nel pomeriggio uno studio sito in Viale Milano (ho qualche consueto problema con la schiena e la cervicale), l’ho così attraversato. Avrei preferito non farlo.
Ho ritrovato la città, che già non brillava, da qualche tempo, e che, quanto all’aspetto “epidermico” è notevolmente peggiorata nell’ultimo paio di anni (precipizio iniziato da almeno una decina), grigia, spenta, monotona, con numerosi negozi chiusi, altri uguali come se ne potrebbero trovare ovunque (ricordo la varietà di proposte del Corso Matteotti ancora solo alla fine del secolo scorso), i portici di Corso Moro sporchi (quelli del lato sinistro, recandosi da Piazza Monte Grappa alle stazioni) poco curati, credo anche da parte dei proprietari degli stabili, sconnessa la pavimentazione. Poche persone in giro – e qui, la colpa è anche dei tempi che stiamo attraversando – ed una diffusa sorta di sguardi guardinghi quasi fastigiati di incontrare un simile a due zampe…
Non meglio, anzi, peggio, le vie Como e Milano che trasmettono un senso di abbandono e di grigiore come se, improvvisamente, ci si trovasse in una periferia romana degli anni Settanta del secolo scorso.
Ecco, sì, purtroppo, ho percepito una città oggi impersonale, priva di quelle caratteristiche che dovrebbero essere in evidenza quando si arriva in un luogo amato e curato da tutti, attivo e produttivo.
Trascinandomi un poco a fatica, dopo essere uscito dallo studio di Viale Milano, sono voluto andare a guardare direttamente il comparto delle stazioni, dove, così si legge sulla stampa, sarebbero in corso i lavori per le migliorie tanto sbandierate dagli amministratori in carica, e che ti trovo?
Segni di cantieri inattivi ed un doppio buco profondo (voragine è parla grossa, ma credo che ci siamo molto dappresso), laddove se ne era aperto uno nel luglio 2018 e che, più volte, proprio nei miei interventi avevo sollecitato a risolvere. Mi sono detto, con logica, che, probabilmente, se si fosse intervenuti prima sulla chiusura della precedente voragine, minore sarebbe stata l’infiltrazione nel sottosuolo dell’acqua piovana e si sarebbe evitato il secondo cedimento…anche così, quindi, un senso di disinteresse per la «cosa pubblica» che non è, come molti credono, «di nessuno» ma, in realtà, di tutti noi che ne siamo proprietari con gli stessi doveri e diritti.
Rientrando, ecco Via Morosini, il «Politeama» sempre chiuso su di una piazza che potrebbe essere vivacissima come un tempo, stabile di cui non sappiamo più nulla dopo le entusiastiche fanfare dell’estate 2018 che lo proponevano come «il» nuovo teatro della città (progetto, così come prospettato, che non mi convince per nulla), e, quindi, la desolazione (e la sporcizia con resti di liquame umano) nell’androne – galleria che collega via Vittorio Veneto con via Cavour, un tempo, strada tra le più eleganti del centro cittadino.
Pensando poi alle proposte culturali di questi anni da parte dell’Amministrazione pubblica (quando il pensiero comincia a vagare malinconico tutto si affastella) queste ultime le ho viste diradarsi, sfarsi, ripetersi (quando è bene, come la Stagione musicale comunale che, comunque, andrebbe un poco rinnovata, o «Tra Sacro e Sacro Monte», che dovrebbe, comunque, aprirsi a una maggiore varietà di proposte non limitandosi solo al teatro di prosa), oppure diventare troppo dispendiose in rapporto al seguito di pubblico («Nature Urbane»), scendere di qualità. Ecco, sono la qualità e la fantasia di idee concrete e realizzabili che manca per muovere un po’ d’interesse. Ecco, è la vivacità delle proposte ad essere venuta meno. Ecco, è l’entusiasmo tanto dei cittadini stessi, quanto dei politici locali ad essersi raffreddato pari ad una profiterole nel frigorifero…
Cantieri aperti e non ancora terminati, lavori in corso, marciapiedi per lo più sconnessi, mancanza di proposte “socio culturali”… «Ma sono queste le “magnifiche sorti e progressive” che l’attuale Giunta ci aveva promesso, fin dalla campagna elettorale, quando si parlava non solo dell’ “ascolto al cittadino”, ma della “riqualificazione” della città?» mi sono chiesto.
Probabilmente sono io che invecchio, forse la mascherina, che permetteva un’areazione minore al mio naso provato dalla rinite allergica che non mi permette la respirazione da una delle due cavità nasali, mi metteva di cattivo umore, forse il mal di schiena…ma non credo che siano i miei trascurabili problemi fisici a farmi vedere, e ritrarre, una città spenta, se non proprio morta socialmente, almeno in grave agonia…
Che faremo? Che cosa ne sarà in questi anni a venire?
Ci adatteremo allo spegnimento totale per essere «città dormitorio» o qualcuno si darà una mossa, rimboccandosi le maniche ed attivandosi in prima persona con idee che concretamente possano realizzarsi, diametralmente opposte pertanto, oggi, ai progetti faraonici, ripartendo, invece, dalle fondamenta?
Vedremo in questi mesi che preludono all’anno nuovo, ma sono davvero molto perplesso.
Per trovare le soluzioni, bisognerebbe, innanzi tutto, cercare di ripartire dalle fondamenta e porsi degli obiettivi non faraonici, ma che concretamente possano essere raggiunti. Una volta arrivati a questi, si può così salire di un altro gradino…
Bruno Belli.