Malattie rare: al Policlinico di Milano l’eccellenza nella chirurgia della mano per i bambini farfalla

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Cinzia Pilo madre di un bambino affetto da questa patologia

MILANO, 23 aprile 2021 – Ci sono anche i problemi alle mani tra le numerose, dolore e invalidanti manifestazioni dell’EB (Epidermolisi Bollosa), grave malattia genetica incurabile che colpisce circa 1.000 persone in Italia.

I piccoli malati sono descritti come “bambini farfalla” perché la loro pelle, fragile come le ali di una farfalla, forma bolle e piaghe anche per frizioni minime. Soprattutto nell’EB distrofica recessiva, la forma più grave, le mani perdono presto le unghie e si chiudono gradualmente a pugno, con le dita attaccate tra loro. Per i pazienti, perfettamente sani a livello cognitivo, ciò significa avere forti difficoltà a scrivere sul quaderno di scuola, giocare con i compagni, vestirsi da soli. La possibilità di intervenire chirurgicamente per recuperare buona parte della funzionalità dell’arto rappresenta quindi un grande balzo in avanti per la loro qualità della vita. L’operazione è delicata e complessa ma l’Italia vanta una vera e propria eccellenza, che è il risultato di un’alleanza virtuosa costruita negli ultimi due anni tra i medici e i familiari dei pazienti, rappresentati dalla Fondazione REB – Onlus.

“I genitori dei bambini farfalla investono tempo, denaro ed energie per documentarsi, fare le valigie e viaggiare alla ricerca di un centro specializzato”, spiega il Professore Giorgio Pajardi. Per suo volere nel 1996 è stata istituita l’Unità Operativa Complessa di Chirurgia e riabilitazione della mano in Multimedica a Milano, poi integrata nell’ospedale San Giuseppe con la sua acquisizione nel 2009.

Un reparto in cui i piccoli pazienti, interessati da diverse patologie della mano, sono seguiti sul versante clinico, psicologico, chirurgico e riabilitativo, e che ha stretto una collaborazione universitaria e clinica con l’ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Qui i bambini affetti da EB hanno l’opportunità di essere operati da una vera e propria autorità in questo campo, il dottor Antonio Cuzzocrea. “Siamo riusciti ad effettuare mediamente una decina di interventi l’anno. Per i non addetti ai lavori potrebbe sembrare un numero esiguo, ma in realtà rappresenta una casistica importante che ha permesso di affinare la tecnica e migliorare la compliance per i pazienti, giovani e meno giovani, che si sottopongono a una procedura molto delicata”, spiega il chirurgo siciliano.

Con l’avvicinarsi dell’età della pensione per il dottor Cuzzocrea, però, il rischio era che si creasse un vuoto, privando decine di famiglie di questo punto di riferimento fondamentale. Come spiega Cinzia Pilo, madre di un bambino affetto da EB e Presidente di Fondazione REB, “La chirurgia della mano è sempre stata una mia priorità nell’ambito delle attività che porto avanti nel campo dell’EB. Quando conobbi il dottor Cuzzocrea, questi operava solo a Catania. Mi adoperai in una mediazione che gli consentisse di iniziare ad operare anche a Milano e soprattutto di trasmettere la sua conoscenza anche ad un successore. Ci sono voluti un paio di anni per trovare ‘l’erede’ migliore del dottor Cuzzocrea, e alla fine, grazie ad una collaborazione molto fruttuosa con l’Ospedale San Giuseppe, è stata individuata nella persona della dottoressa Parolo. Questa collaborazione ha consentito non solo di garantire un’eredità di tutto rispetto all’attività del dottor Cuzzocrea, ma anche di integrare l’intero percorso di questo delicato intervento con la parte riabilitativa post operatoria”.

In questo ultimo anno è così avvenuto il passaggio di consegne tra il dottor Cuzzocrea e la dottoressa Chiara Parolo, coordinatrice dell’UOC all’ospedale San Giuseppe diretta dal dottor Pajardi. Di fronte a casi così delicati, servono infatti competenze di alto livello per ponderare i vari elementi. “In genere si procede all’intervento in età prescolare e scolare, laddove i processi di retrazione e diffusione dei segmenti digitali iniziano a inficiare le comuni attività quotidiane, come usare la tastiera di un computer”, spiega il dottor Cuzzocrea. “Come prima cosa valutiamo la situazione di partenza e capiamo insieme al genitore qual è il risultato desiderato. Considerato che la patologia è recidivante e l’iter successivo all’intervento è gravato da sofferenza fisica e psicologica, dobbiamo fare in modo di intervenire il minor numero possibile di volte. Ci riteniamo soddisfatti quando la mano resta aperta per un paio d’anni”, prosegue la dottoressa Parolo.

L’operazione infatti è il primo step di un percorso che dura almeno due mesi e richiede di applicare opportune medicazioni, effettuate per le prime due sessioni in sedazione totale in sala operatoria all’Ospedale Maggiore Policlinico, dove viene anche effettuato l’intervento. Le medicazioni successive possono essere effettuate in ambulatorio o a casa direttamente dai genitori.

Successivamente alle medicazioni, sono previste diverse sedute di fisioterapia e la predisposizione di un tutore personalizzato. “Ottenuto il risultato chirurgico, la fisioterapia lo ottimizza, rendendo il bambino il più possibile autonomo. Importante è il confezionamento del tutore che viene applicato anche sulla medicazione per mantenere ed ottimizzare il risultato chirurgico e accompagna poi la fisioterapia anche post medicazione con uno splint custom-made confortevole senza punti di pressione da indossare la notte. Per il giorno vengono utilizzati tutori/bendaggi leggeri e funzionali che accompagnano il piccolo paziente nelle attività di vita quotidiana per le quali vengono insegnate strategie di esecuzione abbinate a manovre riabilitative di mobilizzazione per risolvere eventuali rigidità”, continua Elena Marta Mancon, coordinatrice delle terapiste.

Ecco perché, per i pazienti e le loro famiglie, fa davvero la differenza poter contare su un reparto che offra tutte le competenze necessarie garantendo un percorso completo dall’inizio alla fine, con un elevato standard qualitativo. “Un porto sicuro”, per riprendere le parole del Professore Pajardi. Questa conquista è anche merito di Fondazione Reb – Onlus, nata nel 2017 con l’obiettivo di costruire un registro che raccolga in modo sicuro i dati dei malati di EB, a beneficio della ricerca scientifica. “Sono molto soddisfatta del risultato raggiunto, grazie alla perseveranza e all’attività che Fondazione REB porta avanti nell’ambito della ricerca scientifica e del supporto clinico. Il nostro obiettivo è quello di continuare a contribuire al miglioramento della qualità della vita di tutti i bambini e ragazzi farfalla in Italia e delle loro famiglie”, conclude Cinzia Pilo.