VARESE, 8 febbraio 2020- di GIANNI BERALDO-
Il Giorno del Ricordo vuole «conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
Questa la motivazione per la quale nel 2004 il Governo italiano decise di istituire, tramite una legge, questa giornata che si commemora ogni 10 febbraio.
Parole, frasi che racchiudono in maniera indelebile un dramma incomprensibile che ha coinvolto milioni di persone.
Al Giorno del ricordo è associato il rilascio di una medaglia commemorativa destinata ai parenti delle persone soppresse e infoibate in Istria, a Fiume, in Dalmazia e in altre province ai confini.
Varese ricorda questa particolare e indegna pagina di storia moderna, con una serie di iniziative come quella organizzata oggi in Aula Magna di via Ravasi dell’Università dell’Insubria, dal Comitato Provinciale Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, con presidente Pier Maria Morresi.
Occasione quella odierna alla quale hanno partecipato le principali figure istituzionali della città: dal sindaco Davide Galimberti, al prefetto Enrico Ricci, dal questore Giovanni Pepé ad alcuni sindaci come Leslie Mulas sindaco di Besano o quello di Castronno, Gian Luigi Bertoletti, oltre alla presenza della Vice presidente del Consiglio regionale Francesca Brianza. A rappresentare la Provincia Simone Longhini.
Incontro quello odierno non intriso di quella stantia vis retorica ma un appuntamento utile e fondamentale per ricordare. E di ricordi alcuni relatori come Giacomo Fortuna, vice presidente Anvgd e la giornalista Stefania Radman entrambi figli o nipoti di esuli, ne hanno da raccontare.
Loro due sono «i testimoni della seconda e terza generazione, grazie ai quali si potranno trasmettere certi messaggi, certi ricordi anche per le generazioni future», sottolinea Morresi nel suo intervento introduttivo che ben spiega cosa sia accaduto in quell’anno e quel giorno, ossia il 19 febbraio del 1947, data in cui vennero firmati i trattati di pace di Parigi che di fatto concedevano alla Jugoslavia territori come l’Istria il Quarnaro, la città di Zara con la sua provincia oltre a gran parte del Friuli Venezia-Giulia, fino a quel momento terre italiane. Da quel giorno iniziò l’esodo degli italiani (oramai ex) da quello che fino a ieri il proprio Paese.
Un trattato di pace che diede vita ad una vera e propria ”pulizia etnica” per sottaciuta per decenni per r mere questioni politiche ma ora finalmente tornata alla ribalta in tutta la sua drammaticità.
In tal senso significative pure le immagini di un lungo filmato d’epoca prodotto dall’Istituto Luce proiettato in sala per questa occasione.
«Oggi commemoriamo un fatto storico drammatico per l’umanità così come altri fatti storici altrettanto drammatici-dice il sindaco- La conoscenza è un antidoto fondamentale all’odio e oggi ve ne è bisogno più che mai visto l’insorgere di alcuni pericolosi focolai che fomentano odio».
Galimberti ricorda inoltre come sia stato un segnale importante la visita a sorpresa del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ieri in una scuola romana frequentata in gran parte da studenti cinesi, utile a respingere ogni forma di razzismo e pregiudizio nel caso specifico montati dal caso Coronavirus.
Di tenere alta la soglia dell’attenzione per quanto attengono tematiche riguardanti odio, razzismo e xenofobia, lo evidenzia pure il prefetto Ricci nel suo intervento che ricorda inoltre come domani verrà ricordato (durante una cerimonia dedicata alle vittime infoibate o soppresse che si svolge ogni anno al Quirinale dove il Capo di Stato li onorerà insignendo di medaglia d’oro i loro parenti) il varesino Giovanni Dorboló la cui memoria viene mantenuta viva dalla figlia Illesa che riceverà appunto la Medaglia d’oro al valore civile.
«Mio papà è un esule istriano, la nostra generazione ricorda innanzitutto i ricordi dei nostro genitori, come appunto mio papà che ancora oggi mi racconta quelle che è accaduto», dice Stefania Radman che abbiamo sentito durante l’incontro. La giornalista varesina sottolinea inoltre come «io sono nata in Italia ma pure mio padre sottolinea questo aspetto dicendo ”anch’io sono nato in Italia, ma quella che non c’è più”. Insomma esiste una memoria da fare, l’Italia non è una cosa così scontata. Tramite Google heart ho mostrato a mio padre la via di Fiume dove egli abitava, in realtà ora non vi è più nulla rispetto al passato, ma soprattutto non è più Italia».
In conclusione della mattinata sono stati proclamati i vincitori del Premio Missoni “Trasmettere identitá e memoria”, che hanno presentato le loro opere alla presenza di alcuni componenti famiglia Missoni.
Segnaliamo che le celebrazioni del Giorno del Ricordo a Varese avranno il loro culmine lunedí 10 febbraio, con una cerimonia al Giardino degli Istriani, Giuliani e Dalmati (via Pista Vecchia a Masnago) a partire dalle ore 11.