MATINO, 24 settembre 2024 – Il cibo è da sempre un’arma, dai conflitti dimenticati dell’Africa a Gaza, dove il 96% delle persone vive d’insicurezza alimentare e riesce in media a consumare un pasto ogni due giorni, frutto della strategia israeliana di utilizzare il conteggio delle calorie come base per determinare la quantità di cibo che può essere distribuito. Secondo Oxfam i residenti nel nord di Gaza da gennaio è stata obbligata con una media di 245 calorie al giorno. Il tema di come il food possa diventare uno strumento di controllo e potere è stato affrontato a Yeast Photo Festival (Matino e Salento, fino al 3 novembre), che ha acceso i riflettori a partire dal sanguinoso conflitto in Medio Oriente, toccando inoltre il suo impatto sulla salute, la crisi climatica e i diritti umani.
Ad affrontare il tema di Gaza è stato Mohamed Somji, Direttore di Gulf Photo Plus e co-curatore BredaPhoto Festival, nel corso del talk Strategie di potere: il dominio delle risorse come arma di conflitto. Somjì ha spiegato che a Gaza, già dal 2007 “gli israeliani hanno usato il conteggio delle calorie come base per determinare la quantità di cibo permesso. Il 96% delle persone a Gaza, a giugno 2024, vive in condizioni di insicurezza alimentare. Questo tipo di limitazione porta a una debilitazione, a una morte lenta, che viene usata non solo per terrorizzare la popolazione, ma anche come un modo più efficiente per uccidere le persone rispetto all’uso diretto delle armi”.
Il talk è stato preceduto dall’opening del festival, che si è presentato ufficialmente a Matino, cuore pulsante della manifestazione, dove sono intervenuti il Sindaco Johnny Toma, Flavio&Frank e Veronica Nicolardi (direttori Yeast Photo Festival) ed Edda Fahrenhorst (direttrice artistica Yeast Photo Festival).
“Da un po’ di anni – afferma il primo cittadino di Matino Johnny Toma – siamo una città turistica, ma davvero non ci aspettavamo che la fotografia potesse essere così attrattiva. Anche in un periodo di destagionalizzazione come questo, notiamo un incredibile flusso di persone. Yeast Photo Festival sta cambiando il volto di Matino, richiamando turisti che si interessano e vengono a visitare il nostro borgo”.
La terza edizione del festival – intitolata From Planet to Plate – presenta 15 progetti fotografici italiani e internazionali attraverso i quali i fotografi puntano l’obiettivo su sistemi di produzioni, filiere, consumi, abitudini, che stanno alterando sempre di più il complesso rapporto tra uomo e ambiente.
Tra i diversi progetti presentati, troviamo The Human Cost del fotografo documentarista argentino Pablo Ernesto Piovano, che in tre anni ha esplorato il Nord, il Centro e le coste dell’Argentina, percorrendo 15mila km. Il risultato della sua ricerca è un reportage che denuncia le gravi conseguenze sulla salute umana dovute all’uso degli agrofarmaci, come il glifosato. In mostra per la prima volta in Italia l’intero corpus fotografico.
“L’Argentina – spiega il fotografo documentarista – è un territorio di sperimentazione così come il corpo dei suoi abitanti. Entrambi sottoposti a un cocktail tecnologico, non solo di glifosato, ma anche di 2,4-D (un erbicida ndr) e molti altri prodotti chimici che causano gravi danni alla salute. Si irrorano oltre 600.000.000 di litri/chilogrammi all’anno. Con l’arrivo della società Monsanto la matrice produttiva del Paese è cambiata totalmente e oggi dobbiamo parlare di un’emergenza sanitaria, in cui i casi oncologici nei paesi agricoli sono triplicati”.
Cibo che impatta sulla salute così come rappresenta uno dei principali fattori della crisi climatica. Un tema al centro di Holy Cow, il progetto fotografico di Carolina Arantes. che racconta come viene prodotta la carne che mangiamo oggi nel mondo, e da chi. Una bistecca su quattro infatti proviene dal Brasile, e quindi l’industria dell’esportazione di carne è di grande impatto per l’ambiente e l’alimentazione.
“Dobbiamo utilizzare le immagini – afferma la fotografa – per far capire alle persone cosa stanno mangiando, perché è un aspetto fondamentale soprattutto per le problematiche legate al cambiamento climatico. Se si riesce a costruire su questi temi una pressione pubblica, sociale, una pressione degli stessi consumatori, possiamo ottenere un cambiamento. Certo non credo che sarà possibile smettere di produrre la carne rossa, ma certamente rendere questa produzione più rispettosa”.
Dalla carne al pesce, la cui filiera deve affrontare con altrettanta urgenza la sfida delle sostenibilità ambientale e sociale. Un tema che è stato approfondito dalla biologa marina e divulgatrice scientifica Maria Sole Bianco con il talk Blue Economy e Innovazione: sostenibilità e crescita tra ambiente e formazione.
“Nella filiera alimentare – spiega – c’è ancora molto da fare sulla sostenibilità e sulla tracciabilità del pesce, così come anche rispetto alle implicazioni non solo legate alle distruzioni degli habitat marini, ma anche sociali ed economiche. Per esempio c’è un enorme sfruttamento delle persone soprattutto nel mondo dei grandi pescherecci e della pesca intensiva, dove troviamo un’incredibile violazione dei diritti umani. La tracciabilità aiuta risolvere non solo problemi ecologici, ma pure sociali ed economici”.
Una terza edizione del festival caratterizzata da numerose riflessioni sul cibo nell’ottica di stimolare e favorire un consumo più consapevole e responsabile. Perché come ricorda il fotografo Piovano “non è solo il lavoro della fotografia, ma anche l’azione della comunità, della scienza, della medicina, degli intellettuali. Una forma di resistenza popolare collettiva che forse potrà produrre qualche reale cambiamento”