VARESE, 21 ottobre 2024 – La XXXVI edizione del Premio Chiara, maggior concorso letterario nazionale e transfrontaliero riservato alla misura narrativa breve (sole raccolte di racconti edite nell’anno in Italia e in Svizzera italiana – per info http://tinyurl.com/chiara2024) e intitolato allo scrittore Piero Chiara (1913-1986), ha incoronato vincitrice Veronica Raimo, con la sua raccolta di racconti La vita è breve, eccetera edita da Einaudi.
Raimo ha prevalso sugli altri due finalisti, Helena Janeczek, Il tempo degli imprevisti, Guanda e Santo Piazzese, Sei casi per Lorenzo La Marca, Sellerio. A Raimo 55 voti, Piazzese 54, Janeczek 38.
Questo il verdetto della Giuria popolare dei 150 lettori, le cui schede di voto sono state scrutinate dal notaio Nicoletta Borghi in diretta durante la Manifestazione Finale, svoltasi stasera, domenica 20 ottobre, nella suggestiva cornice della Sala Napoleonica delle Ville Ponti in Varese, condotta dall’attrice Claudia Donadoni con la partecipazione dello scrittore Andrea Vitali (presidente degli Amici di Piero Chiara) e del giornalista e critico Luca Crovi, che hanno intervistato i finalisti. A coordinare il tutto la direttrice Bambi Lazzati, da sempre “anima” del Premio.
La raccolta di racconti di Janeczek è incentrata su storie marginali dell’Italia di inizio Novecento, nelle quali si intrecciano le vite di personaggi sia veri che fittizi, come le sorelle Zanetta, il dottor K., Milena Jesenská, la figlia di Ezra Pound e il giovane Albert O. Hirschmann, riflettendo su sogni, disillusioni e possibilità in un’epoca di grandi cambiamenti storici e personali. “Amo profondamente i racconti di Čechov e Kafka, ancor più dei romanzi. Ho una particolare predilezione per la novel, il racconto lungo tipico della tradizione anglosassone, forse perché non possiedo il dono della sintesi. Non ho una preferenza sull’input per scrivere: avere indicazioni o “gabbie tematiche” mi risulta liberatorio: ti permette di sbloccarti e allevia la pressione creativa. Ho scritto parecchio di storia, ma i miei racconti, pubblicati in varie antologie, sono più radicati nella realtà contemporanea. Piero Chiara? Lo conosco poco”.
Piazzese, con i suoi Sei casi per Lorenzo La Marca, crea un mondo malinconico segnato dal passare del tempo e dalle delusioni, nel quale si sussegue un insieme di misteri bizzarri e originali, caratterizzati da un umorismo intelligente e atmosfere oniriche, nelle quali il protagonista si accompagna ai fedeli collaboratori, l’anatomopatologa Michelle Laurent e il commissario Vittorio Spotorno, oltre a una folla di azzeccati caratteristi. “Mi sono avvicinato alla scrittura di racconti quando ero ancora un ragazzo, intorno ai 14-15 anni, leggendo soprattutto le appendici dei romanzi di fantascienza. Amavo anche Čechov, e ricordo in particolare l’edizione di lusso della Rizzoli in pelle rossa che custodivo gelosamente. Eppure, non sono stati questi autori a formarmi come scrittore di racconti. Ho scoperto piuttosto tardi di avere la capacità di scriverne. Gran parte del merito va alla pressione esercitata dal mio editore e dalle riviste che mi richiedevano racconti a tema. Ho imparato scrivendo, senza un percorso predefinito. La mia antologia di sei racconti, che inizialmente dovevano essere sette, non sarebbe mai nata senza questa sollecitazione costante. Ho bisogno di una richiesta concreta e di un tema per dare il meglio di me. Quanto al personaggio di Lorenzo La Marca, molti si chiedono se mi rappresenti. In realtà, no. Lui è un bon vivant, io decisamente meno. Ci sono voluti dieci anni perché le sue prime storie vedessero la luce: erano già pronte nei primi anni ’90, ma sono state pubblicate solo all’alba del terzo millennio. Ma questo non mi preoccupa: la letteratura è come una macchina del tempo, ti permette di viaggiare avanti e indietro senza limiti. Curiosamente, non sono stati i racconti, ma i romanzi di Piero Chiara ad accompagnare maggiormente le mie letture”
Raimo ci propone racconti dissacranti e a tratti malinconici, con protagoniste donne complesse e contraddittorie, che affrontano le sfide delle loro relazioni e desideri, in bilico tra libertà, scaramanzia e ribellione, in un intreccio di storie surreali e quotidiane. “Sono una lettrice di racconti, con una formazione che spazia dai classici al postmoderno. Tuttavia, ho una predilezione per i racconti imperfetti, quelli in cui entri tardi nella storia ed esci troppo presto, lasciando una sottile frustrazione. La mia scrittura è frammentaria, mi appassiona l’instant fiction, quei romanzi che, come un arazzo, si compongono di piccoli racconti autonomi. Preferisco scrivere con indicazioni piuttosto che in modo completamente libero. La verità è che sono piuttosto pigra, quindi ho bisogno di un tema, di un confine entro cui muovermi, un incentivo che mi spinga a scrivere. Per quanto riguarda Piero Chiara, ho “Vedrò Singapore?” in borsa e prometto di leggerlo con più attenzione.”
A impreziosire l’evento un’inedita presenza in platea: quella della nipote di Piero Chiara, Daniela Chiara, figlia dell’unico figlio dello scrittore, Marco Chiara, che è giunta per l’occasione dagli Stati Uniti (dove vive) insieme al marito, l’artista Chris Mason.
Oltre a lei, nutrita la presenza in sala di autorità, con in prima fila il presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana, il sindaco di Varese, Davide Galimberti, il presidente di Camera di Commercio Varese Mauro Vitiello, la consigliera di Stato della Repubblica e Cantone Ticino Marina Carobbio Guscetti e altri ancora; ciascuno di essi ha portato il proprio saluto ed espresso corale approvazione per il prestigio del Premio Chiara, che da quasi 40 anni “mette Varese sulla mappa” della cultura e favorisce gli scambi internazionali tra Italia e Canton Ticino. Nondimeno, hanno partecipato ai vari momenti di premiazione.